C’è una profonda differenza tra la povertà e i poveri. La povertà è una categoria economico-sociale, che viene spesso affrontata solo in modo teorico, per lo più con piglio sofisticato, che interessa l’accademica, i salotti, la politica; i poveri invece sono cosa diversa, molto diversa, più aderente alla quotidianità, con risvolti spesso di natura morale, talvolta spirituale: ricordate le Beatitudini evangeliche? Lì sono i poveri, solo i poveri in spirito che vedranno “il regno dei cieli”. Ma andiamo per ordine.
Sempre più spesso si parla e anche si danno numeri e percentuali circa l’incremento della povertà nel nostro tempo, soprattutto in èra post-COVID 19. Si dice – ed è forse vero – che, dopo tanto ciclone, molti Paesi, e forse anche l’Italia fra essi, correranno il serio rischio di non riuscire a risollevarsi e che molte fasce sociali medio-piccole andranno ad implementare la zona buia della povertà. È di tutta evidenza, andando in giro per le città, ma anche guardandosi intorno e sbirciando le abitudini di molti nostri vicini di casa, di lavoro o di quotidianità, accorgersi che alcune abitudini sono state modificate o cancellate del tutto all’insegna di una contrazione della possibilità di spesa.
Eppure tutto ciò da solo non dà la misura del problema: qualche tempo fa – prima ancora che si aprisse il sipario sul triste palcoscenico del virus – le Fondazioni di origine bancarie, insieme al Governo, avviarono un grande e utilissimo programma per contrastare la povertà infantile, causa di crescente ignoranza e ulteriore distanza sociale. Le Fondazioni mettevano risorse fresche e liquide, soprattutto senza condizioni a favore dell’istruzione e della sostenibilità di vita dei giovani poveri, mentre lo Stato concedeva alle Fondazione un adeguato corrispettivo in credito d’imposta.
Non so quanto tutto ciò abbia effettivamente e seriamente contrastato la povertà infantile, certamente è stato un esempio di buone pratiche di governo in un Paese a forte disagio sociale. Di sicuro, però, si è trattato di un espediente non così altisonante per arrivare ai piani alti e alle orecchie sensibili dei tanti esperti, che si spendono ogni giorno per trovare “nuove” ricette, da Colao a Cottarelli, da Conte a Gualtieri, ma anche a tanti altri “sapienti di qualcosa”, a destra e a manca, per i quali è facile preconizzare che non vedranno mai il regno dei cieli, come invece i poveri in spirito, ai quali, appunto, evangelicamente è riservata la felicità della vita eterna.
Credo, comunque, di potere sostenere, che, in questa terra, prima di arrivare al cielo, la scarto vitale tra la categoria della povertà e i poveri in canna, stia nell’impercettibile differenza tra la narrazione – talora anche corretta e toccante – del disagio, a tutti i livelli, di questa società velenosamente consumistica, e il senso di angoscia fisica prima e morale dopo che prende psicologicamente la singola persona – normale, anziana, giovane, non fa differenza – quando non sa cosa mettere sotto i denti per sopravvivere o cosa mettersi addosso per contrastare le intemperie metereologiche. I primi, gli economisti o sociologi che siano, quelli che ho chiamato i “narratori della povertà” si iscrivono, al più, al registro della solidarietà, questi ultimi invece sono sull’orlo di un precipizio esistenziale, sempre maggiore, quanto più esso è caratterizzato dall’entropia di una ricchezza accumulata in modo “pulito” o solo a valle di una vita onesta e dignitosa, laboriosa e umana.
Nessuno di noi, ovviamente, ha la ricetta miracolosa o la bacchetta magica, con una sola eccezione: la lotta vera all’evasione fiscale. Nel mondo delle tecnologie nano e macro, e del 5G di qualsivoglia razza terrestre di oriente o di occidente, non è accettabile e nemmeno pensabile che domani – rinunciando però a qualche consenso elettorale – non si possano sapere, addirittura sui social – in barba alla privacy – i nomi degli evasori.
Ovviamente da consegnare alla Guardia di Finanza e non al boia. È l’unica vera arma per combattere la povertà, sia quella narratologica, che quella di tutti i giorni e dare non solo ai poveri, ma anche a quanti hanno aiutato i poveri ad essere meno poveri,…il regno dei cieli. In caso contrario la vedo dura per tutti.
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